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GLI SPETTRI DELLE NEBULOSE


Planetarie - Diffuse


Spettro delle nebulose diffuse
Anche se le nebulose a emissione sono normalmente deboli, il loro spettro è composto da poche righe in cui si concentra tutta la luce emessa ed è pertanto non difficile registrarlo anche con mezzi modesti, poco sensibili e con bassa risoluzione. Nella figura 1 è infatti rappresentato lo spettro della nebulosa di Orione (M42), uno dei primi da me ottenuti, ancora utilizzando una lastra fotografica come rivelatore.

Figura 1: spettro della parte centrale della nebulosa M42 in Orione che mostra le principali righe in emissione e il continuo nel blu.
Nel riquadro e' mostrata una stampa del negativo originale su Ilford HP5 esposto per 1 ora con una dispersione di 200 Å/mm.
La pellicola e' generalemnte molto meno sensibile dei moderni rivelatori CCD ma estende la sua sensibilita' al vicino UV. Le strisce orizzontali sono gli spettri sovraesposti di alcune stelle del trapezio.

Lo spettro di una nebulosa a emissione viene generato dal decadimento degli elettroni degli atomi di idrogeno, elio, azoto, ossigeno, “pompati” sugli stati eccitati dall’intensa radiazione ultravioletta emessa dagli atomi di idrogeno ionizzati che ricadono allo stato fondamentale (emissioni della serie di Lyman). L’idrogeno viene a sua volta ionizzato dalla radiazione ultravioletta estremamente energetica di stelle presenti nelle vicinanze e di tipo O oppure appartenenti ai primi tipi B. Questo meccanismo consente in particolare di popolare di un grande numero di elettroni gli stati metastabili dell’atomo di ossigeno doppiamente ionizzato e dell’azoto ionizzato dai quali si generano righe proibite (cioè con bassissime probabilità di decadimento in condizioni normali).
La difficoltà di riprodurre queste righe in laboratorio aveva portato gli astronomi del primo 900 a ipotizzare l’esistenza all’interno delle nebulose di un elemento sconosciuto sulla terra e battezzato “nebulio”. Fu Bowen nel 1920 ad attribuire finalmente all’azoto e all’ossigeno la paternità di queste righe. Il debole continuo che si osserva nello spettro tra 3500 e 5000 Å, è dovuto al diseccitamento di un elettrone dell’idrogeno che decade allo stato fondamentale emettendo la sua energia non più come fotone ultravioletto ma come somma di due fotoni blu (processo a due fotoni), di energia non precisata, ma con energie tali che la somma sia pari a quella del fotone ultravioletto.

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