Prima di procedere nel nostro viaggio direi di soffermarci un istante ad analizzare questo strano fenomeno che tanto sgomentò i nostri antenati e che ha condizionato (e condiziona tuttora) la vita sul nostro pianeta. Le macchie solari sono zone della fotosfera che appaiono più scure rispetto al resto della superficie perché hanno una temperatura più bassa. Le macchie solari hanno una temperatura di 4000 °C, inferiore ai 5500 °C delle zone circostanti. Possono assumere dimensione parecchie volte superiori a quelle del nostro pianeta e sono generate da anomale distorsioni dell’intenso campo magnetico del Sole  infatti , la struttura gassosa del Sole determina una rotazione che viene definita differenziale: differenti regioni ruotano a velocità diverse, tanto più lentamente quanto più la zona si trova vicino ai poli della stella. Questo provoca una distorsione delle linee del campo magnetico solare che subiscono un allungamento all’equatore rispetto ai poli. Le linee di forza si attorcigliano sempre di più formando dei veri e propri “tubi di flusso magnetico”, fino a quando la pressione magnetica ne causa l’eruzione. Alla base di tali eruzioni si formano le macchie solari.
Una macchia solare può essere divisa in due parti:
Ombra => più scura e fredda
Penombra => intermedia tra l'ombra e la superficie solare


L'attività delle macchie segue un ciclo di circa 11 anni ed è profondamente legato alle variazioni del campo magnetico solare. Ogni ciclo comprende un massimo ed un minimo che sono identificati contando il numero di macchie solari che appaiono in quell'anno. All'inizio del ciclo, le macchie tendono ad apparire a latitudini elevate, per poi muoversi verso l'equatore quando il ciclo si avvicina al massimo (questo comportamento è chiamato Legge di Spoerer).
Storicamente, i primi probabili riferimenti alle macchie solari sono quelli degli astronomi cinesi del primo millennio d.C., che probabilmente potevano vedere i gruppi di macchie più grandi quando lo splendore del sole era diminuito dalla polvere sollevata dai vari deserti dell'Asia centrale.
Furono osservate con ausilio di telescopi per la prima volta nel 1610 dagli astronomi frisiani Johannes e David Fabricius, che pubblicarono una loro descrizione nel giugno del 1611. In questa data Galileo Galilei le stava già mostrando a Roma, mentre Cristoph Scheiner le aveva probabilmente osservata per due o tre mesi. La polemica tra Galileo e Scheiner per la prima osservazione, quando nessuno dei due sapeva del lavoro dei Fabricius, fu quindi tanto acida quanto inutile.Le macchie solari ebbero una qualche importanza nel dibattito sulla natura del sistema solare. Mostravano che il Sole ruotava su se stesso, e il fatto che apparivano e scomparivano dimostrava che il Sole subiva dei cambiamenti, contravvenendo agli insegnamenti di Aristotele. I dettagli del loro moto apparente non potevano che essere spiegati tramite il sistema eliocentrico di Copernico.

Fig.2 – Fusione termonucleare idrogeno-elio.
Fig.3 - Macchie solari e “granuli”
Fig.4 – Evoluzione di un flare

Prima stazione: la Zona radiativa
I raggi gamma tenderebbero a dirigersi verso l’esterno della stella se il nucleo fosse “nudo”, ma la presenza di strati superiori ostacola il loro cammino verso lo spazio. I raggi gamma sono continuamente assorbiti e riemessi a energie inferiori dalla materia che incontrano lungo il loro cammino. Tali processi di assorbimento ed remissione sono cosi frequenti che un fotone (unità “granulare” della luce) impiega milioni (circa 10) di anni per emergere sulla superficie.
Questo significa che la luce che ci giunge oggi dal Sole è quella prodotta al suo interno milioni di anni fa; se paradossalmente il nucleo della nostra sella dovesse “spegnersi”, ovvero non si verificassero più reazione di fusione nucleare, il Sole potrebbe brillare per altri milioni di anni senza che noi ce ne accorgessimo.


Seconda stazione: la Zona convettiva
L’effetto di questo continuo ed incessante processo di assorbimento/emissione è quello di far perdere energia  ai fotoni gamma, ovvero la loro frequenza si abbassa, e diventano quindi una radiazione elettromagnetica più "tranquilla”. Ad un certo punto la loro energia, inizialmente molto superiore, diviene uguale all’energia termica della materia solare. In fisica si dice che materia e radiazione sono in equilibrio. Procedendo verso regione esterne più fredde, la materia diventa opaca rispetto alla radiazione, ostacolandone sempre più efficacemente il cammino. Diviene ora importante il fenomeno della convezione, ovvero ciò che succede ad una pentola d’acqua sul fuoco: il calore scalda l’acqua che si trova sul fondo della pentola, facendola espandere; l’acqua espansa più leggera dell’acqua fredda che si trova in superficie comincia a salire, spingendo l’acqua fredda verso il fondo. Si forma quella che viene chiamata “cella convettiva”, in cui il calore viene portato dalle zone più calde a quelle più fredde dalla materia in movimento.
La stessa cosa avviene nel Sole; il limite superiore della zona radiativa (in cui e’ la radiazione il veicolo dell’energia) è il “fuoco” che scalda la materia degli strati sovrastanti (acqua nella pentola) dando origine alle celle convettive e al conseguente moto che trasporta il calore fino alla superficie del Sole. La zona dove avviene il trasporto di energia tramite convezione è detta appunto zona convettiva ed ha una spessore di circa 450.000 Km. La presenza di tali moti convettivi è testimoniata dalla “granulosità” della superficie solare che altro non è se non la sommità delle celle convettive più esterne.

Quindi, dopo questa trasformazione, mancano all'appello 4.500.000 tonnellate di idrogeno (pari allo 0,75%), che si sono trasformate direttamente in energia secondo l'equazione di Albert Einstein sopracitata (quindi il sole si alleggerisce ogni secondo di 4 milioni di tonnellate, ma la sua massa totale è abbastanza grande perché, anche dopo 10 miliardi di anni di vita attiva, si riduca solo impercettibilmente). L'energia così generata, ogni secondo, è pari a 405.000 miliardi di terajoule (TJoule), una quantità di energia impensabile a livello terrestre. Tutta la straordinaria potenza della nostra stella è dovuta alla conversione in energia di questa infinitesima, per il Sole, quantità di materia, paragonabile approssimativamente alla massa di un piccolo gruppo di montagne sulla terra. Per capire l'enormità di questa energia il solo dato che può fungere da termine di paragone è la produzione mondiale di energia elettrica, che nel 2005 è stata di 17.907 TWh (equivalenti a 716,28 kg di materia). Detto in altri termini, per eguagliare l'energia prodotta dal Sole in un solo secondo, tutti gli impianti di produzione di energia elettrica del nostro pianeta dovrebbero funzionare a pieno regime per i prossimi 6.282.459 anni.
Ma affinché il sistema resti stabile e non esploda, tutta questa energia gamma deve essere assolutamente smaltita, ovvero condotta all’esterno, fuori della stella. Ma come?

Si parte… il Nucleo

Il nucleo solare è la parte più interna e calda del Sole (circa 15 milioni di kelvin). Sede delle reazioni di fusione nucleare, teorizzate Hans Bethe, responsabili della produzione di energia che deve contrastare la forte “pressione gravitazionale” degli strati di gas sovrastanti che tenderebbero a far collassare la stella. Sono proprio questi strati esterni a comprimere l’idrogeno nel nucleo ed ad innalzarne la temperatura, che unita all’elevata densità (da 100 a 30 gr/cm3) e pressione (500 miliardi di atmosfere), consentono di superare la forza di repulsione Coulombiana che impedisce a cariche dello stesso segno di unirsi.

IL SOLE
       
Viaggio nel Sole
[Osservatorio Astronomico] [Cittadella di Scienze della Natura]
Fig.2 – Fusione termonucleare idrogeno-elio.
Se dovessimo tagliare il nostro Sole con un immaginario coltello cosmico vedremmo che la nostra stella ha la struttura “a strati” simile a quella di una grossa cipolla (Fig.1).
Una zona centrale, detta NUCLEO, dove avvengono le reazioni termonucleari di fusione dell'idrogeno ad elio. Reazioni che avvengono grazie alle condizioni estreme di pressione, temperatura e densità.
La zona RADIATIVA e l’adiacente zona CONVETTIVA, responsabili del trasporto verso l’esterno dell’energia che viene prodotta nel nucleo.
Segue la FOTOSFERA, ossia la zona di emissione della luce visibile. In essa le temperature sono di poco inferiori ai 6000 kelvin, ed è sede di fenomeni come le macchie solari e flare. All'osservazione diretta la fotosfera presenta una superficie granulosa dovuta ai grani convettivi, ovvero flussi di gas caldo che salgono verso la superficie e ridiscendono nella zona convettiva sottostante. Questi granuli hanno diametro di centinaia di Km e presenti a milioni sulla fotosfera. Poiché la vita media dei granuli è di soli 10 minuti, la superficie del Sole cambia continuamente.
Infine troviamo CROMOSFERA e CORONA; la prima è uno strato trasparente, visibile solamente con filtri speciali o durante le eclissi totali di Sole.
Questo strato è interessato da diversi fenomeni emissivi come le spicule e le protuberanze solari. La corona solare infine è la parte più esterna dell'atmosfera solare, non ha limiti definiti e si estende per decine di milioni di km in modo molto tenue. È costituita da particelle di gas rarefatto ionizzate ad altissima temperatura, più di un milione di kelvin. Attenzione che in questo caso la temperatura non è da intendere nel significato convenzionale, si deve parlare invece di “temperatura cinetica”. Inoltre la corona solare può in un certo senso dirsi estesa sotto forma di vento solare per l'intero sistema solare e oltre.
Ora siamo pronti: documenti in regola e mappa a portata di mano; è giunta l’ora di iniziare il nostro viaggio ed osservare “più da vicino” il nostro Sole…la stella della Vita!
Fig.1 – Struttura interna del Sole

Attraverso reazioni di fusione termonucleare quattro nuclei di idrogeno, cioè quattro protoni (si ricordi che gli atomi di idrogeno del nucleo non possono rimanere integri a queste temperature, e si separano in protoni ed elettroni dando vita a quel quarto stato della materia chiamato PLASMA), si uniscono dando come prodotti un nucleo di elio (cioè due protoni e due neutroni), due positroni (cioè due “elettroni positivi”), due neutrini ed energia, sotto forma di energia cinetica e radiazione gamma, energia come conseguenza diretta della famosa equazione E=mc² di Albert Einstein. Il processo di fusione è oltremodo difficile. Alle condizioni vigenti nel centro del Sole il protone medio deve aspettare ben 13 miliardi di anni prima di fondersi con altri tre e formare un nucleo di elio. Ciò significa che oggigiorno la produzione di energia del Sole deriva dai protoni "fortunati", che hanno incontrato in anticipo il loro destino, e che man mano che passa il tempo la probabilità delle reazioni termonucleari aumenterà, conseguentemente la luminosità solare aumenterà quindi lentamente, il che ha indotto alcuni teorici ad ipotizzare che tra 500 milioni o un miliardo di anni il Sole sarà troppo caldo per consentire la vita sulla Terra. Per avere comunque un’idea delle energie in gioco durante questi processi nucleari basti pensare che ogni secondo 600.000.000 di tonnellate di idrogeno si trasformano in 595.500.000 tonnellate di elio.

Lo strato opaco: Fotosfera
Le stelle sono delle sfere di gas, quindi non hanno una superficie solida; esiste comunque una profondità sotto alla quale il gas non è più trasparente ai fotoni, e questa profondità fornisce una superficie visibile alla stella, dunque si definisce Fotosfera (del Sole come di qualunque altra stella) la regione in corrispondenza della quale esso diventa opaco.
La fotosfera del Sole ha una temperatura che varia dagli 8000 ai 4200 kelvin, decrescendo con l'allontanamento dagli strati più interni per quelli più esterni e segna il confine tra la densa ed opaca massa gassosa, che è posta verso l’interno del Sole, e il materiale più sottile e trasparente, che si trova all’esterno.
Osservando un’immagine ingrandita della fotosfera si nota il suo aspetto granuloso. Questo è determinato dai flussi di gas caldo che salgono verso la superficie e ridiscendono nella zona convettiva sottostante. La parte superiore di queste colonne di gas forma dei pennacchi, noti come granuli, ciascuno con un diametro di Km e presenti a milioni sulla fotosfera. Un singolo granulo ha una vita media di soli 8 minuti, ma formandosene di nuovi in continuazione, la fotosfera assume un aspetto complessivo simile ad una lenta ebollizione.
Tra i granuli normali si trovano dei supergranuli grandi fino a 30.000 chilometri, capaci di resistere fino ad un giorno. La granulazione resta una delle prove fondanti della presenza di moti convettivi all'interno del Sole, mentre non sappiamo d'altra parte se queste formazioni si trovino anche su altre stelle, perché sono troppo piccole per essere viste. Altre formazioni presenti sulla fotosfera sono le macchie solari (Fig.3) e i flare solari (Fig.4).

Fig.5 - Fotosfera in periodi a differente attività solare.

Le ricerche sulle macchie solari segnarono il passo per la maggior parte del XVII e l'inizio del XVIII secolo, perché a causa del Minimo di Maunder quasi nessuna macchia solare fu visibile per molti anni. Ma dopo la ripresa dell'attività solare, Heinrich Schwabe poté riportare nel 1843 un cambiamento periodico nel numero delle macchie solari, che sarebbe poi stato chiamato il ciclo undecennale  dell'attività solare.


Quarta stazione: la Cromosfera
All’estero della fotosfera troviamo la cromosfera, di colore rossastro e composta sostanzialmente da idrogeno. Difficile da osservare data l’adiacenza all’abbagliante fotosfera, le migliori occasioni si presentano durante le eclissi totali di Sole. I gas della cromosfera non sono distribuiti uniformemente, come quelli presenti nell’atmosfera di un pianeta, ma sono concentrate nelle regioni che circondano le macchie solari, formando dense nubi di gas chiamate facole. Altrove, i gas si concentrano in fiamme sottili e luminose, dette spicole, strette lingue fiammeggianti che si innalzano fino a 10000 Km dalla fotosfera per più di 5 minuti. Dalla cromosfera vengono spesso iettate nello spazio gigantesche masse di gas incandescente chiamate protuberanze, lunghe mediamente più di 100000 Km (Fig.6).

Fig.6 – Protuberanze che assumono forma “ad anello” se distorte dal campo magnetico solare.

Alcune tra le più spettacolari protuberanze formano giganteschi archi che seguono il campo magnetico solare e raggiungono temperature superiori a 10000 °C. Le protuberanze si classificano in: eruttive (o attive) caratterizzate da estrema violenza e breve durata oppure, quiescenti se hanno attività moderata e perdurano per diverse settimane.

Altro fenomeno che coinvolge la cromosfera sono i brillamenti (Fig.8) ovvero improvvise emissioni di energia che riscaldano e accelerano la materia presenza nell’atmosfera solare, scagliando verso la Terra grandi quantità di radiazioni e particelle cariche che possono provocare effetti significativi sulle nostre attività, esempio interferenza con le trasmissioni radio. Possono inoltre costituire una minaccia per gli astronauti impegnati in missioni spaziali.

Fig.8 -Sequenza di immagini che documentano il brillamento solare più
potente mai registrato. Le righe bianche segnano l'accecamento
dei sensori a causa dell'intensità. (NASA / ESA)

Verso l’infinito: la Corona e Vento Solare
Siamo giunti alla fine del nostro viaggio; ci troviamo nella regione più esterna ed indefinita della nostra stella: la corona solare.
La corona solare si estende per milioni di raggi solari, senza avere un confine netto, ma sfumato via via nell’ambiente interplanetario con una sua densità che diminuisce all’aumentare della distanza dal Sole.
Ha una temperatura che, paradossalmente, di aggira attorno al milione di gradi; fenomeno spiegabile o mediante l’ipotesi di “terremoti solari” simili a quelli terrestri che provocano la formazione e propagazione di onde di diversa natura (non solo di tipo acustico ma anche quelle che coinvolgono campi elettromagnetici) che dissipano la loro energia nella corona solare innalzandone la temperatura; oppure la seconda spiegazione arriva dell’ipotesi detta presenza nella corona solare di giganteschi archi di plasma, i cosiddetti “archi coronali”, entro i quali girano correnti molto intense che producono calore tramite “effetto Joule”.
La corona viene divisa in tre zone:

  1. La prima e più interna che si estende per circa un milione di Km dalla fotosfera; caratterizzata da un’emissione a spettro continuo causata dalla diffusione della luce fotosferica da parte del plasma
  2. Seconda zona estesa fino a due milioni di Km e caratterizzata da righe di assorbimento (righe Fraunhofer)
  3. Ultima zona che sfuma nello spazio e tocca l’orbita terrestre; spettro caratterizzato da tipiche righe d’emissione di atomi fortemente ionizzati (Ca e Fe) a causa delle elevate temperature

Inoltre la corona non ci mostra sempre lo stesso aspetto, ma la sua forma varia con il passare del tempo e risente molto dell’attività solare. Molto simmetrica durante i periodi di massima attività, schiacciata sul piano equatoriale nei periodi di minimo. Ciò si spiega con l’influenza del campo magnetico sulla materia allo stato di plasma: le linee di campo, distorcendosi a causa della rotazione differenziale, formano una matassa che si aggroviglia attorno ai poli, quindi periodi di minima attività e corona schiacciata ai poli; matassa che a causa delle “pressioni magnetiche” esplode ed “uniformizza” la distribuzione della corona attorno al Sole (periodo da massima attività solare).
Inoltre, a causa delle altissime temperature, la corona solare è un’importante sorgente di raggi X, studiata con la messa in orbita della sonda Skylab.
Per concludere, come una sorta di evaporazione, dal Sole fluisce nello spazio una corrente di particelle cariche, principalmente elettroni e protoni, che riescono a sfuggire, grazie all’altissima temperatura, al campo gravitazionale solare e che danno origina al famoso vento solare. Tale vento interagisce con i campi magnetici dei pianeti distorcendoli e conferendo loro una tipica forma “a goccia”: schiacciandoli dalla parte rivolta al Sole, e allungandoli dalla parte opposta (Fig.9).

Fig.9 – Distorsione del campo magnetico terrestre da parte del vento solare.

Le particelle del vento solare che arrivano in prossimità della Terra vengono deflesse dal campo magnetico terrestre; quelle con maggior energia penetrano negli strati più alti dell’atmosfera ed interagendo con gli atomi che la compongono danno vita alle famosissime aurore. In breve, le aurore (boreali o australi, a seconda dell'emisfero in cui si verificano) sono formate dall'interazione di particelle ad alta energia (in genere elettroni) con gli atomi neutri dell'alta atmosfera terrestre. Queste particelle possono eccitare (tramite collisioni) gli elettroni di valenza dell'atomo neutro. Dopo un intervallo di tempo caratteristico, tali elettroni ritornano al loro stato iniziale, emettendo fotoni. I particolari colori di un'aurora dipendono da quali gas sono presenti nell'atmosfera, dal loro stato elettrico e dall'energia delle particelle che li colpiscono. L'ossigeno atomico è responsabile del colore verde, l'ossigeno molecolare per il rosso, mentre azoto causa il colore blu.

(a cura di Fabrizio Toia)