Che cosa sono le comete?

di Fabio Pizzolato - Federica Luppi

Nonostante il loro aspetto talvolta maestoso, le comete sono corpi estremamente evanescenti.
La loro estrema rarefazione può essere messa in evidenza in occasione di occultamenti di stelle: quando una cometa si trova a passare davanti ad una stella, il nostro occhio non percepisce alcuna differenza di luminosità, poichè persino la parte più densa della cometa è quasi trasparente alla stella retrostante. Basti pensare che il calcolo della massa delle comete più vistose ha condotto a valori inferiori a 1 milionesimo di quella terrestre.
Una cometa è composta da tre parti: il nucleo, la chioma (che insieme formano la testa della cometa) e la coda. Benchè piccolissimo, il nucleo è la parte più importante, poichè contiene la maggior parte della massa del corpo e costituisce il serbatoio dei materiali. Quando infatti la cometa è ancora lontana dal Sole non presenta nè chioma nè coda. Il nucleo, che Fred Whipple definì una "palla di neve sporca", ha un diametro che varia da qualche centinaio di metri a qualche decina di km.
Il nucleo della Halley, ad esempio, è stato osservato da soli 600 chilometri di distanza dalla sonda Giotto: si tratta di un blocco irregolare con dimensioni di circa 8 x 8 x 16 km. Nella composizione chimica è predominante il ghiaccio d’acqua, insieme con quello di anidride carbonica. E' ricoperto per il 90% da una crosta di materiali polimerici, che ne limitano fortemente l’albedo (cioè la capacità di riflettere la luce). Di conseguenza, a elevate distanze la cometa è pressoché invisibile. Solo negli ultimi decenni, con l’impiego di CCD applicate a telescopi di grande apertura, si è riusciti ad osservare alcuni grandi nuclei cometari molto distanti dal Sole.
Mano a mano che la distanza si riduce il nucleo comincia ad entrare in attività: i materiali che lo compongono per azione del vento solare sublimano, passando cioè dallo stato solido direttamente a quello gassoso senza passare dallo stato liquido, ed i gas espulsi vanno a formare un alone attorno al nucleo, detto chioma. La chioma assume dimensioni pazzesche rispetto al nucleo, fino ad arrivare a decine o centinaia di migliaia di chilometri.
Va osservato che l’evaporazione della superficie del nucleo avviene in modo molto violento ed irregolare, e la cometa è sottoposta a forze (dette non gravitazionali) che hanno un importante ruolo nell'orbita stessa della cometa.
Oltre ai gas sono presenti anche granuli di pulviscolo, con diametri fra 0,1 e 10 micron, composti da magnesio, silicio e ferro, variamente combinati con idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno.
Man mano che la cometa si avvicina ancora al Sole, l’attività del nucleo aumenta, e parte della chioma viene soffiata via dal cosiddetto vento solare, un flusso continuo di particelle molto veloci (anche 500 km/sec) provenienti dal Sole. In questo modo si forma la coda della cometa, che risulta quindi sempre in direzione opposta al Sole.
Le code possono raggiungere lunghezze impressionanti: ne sono state osservate alcune lunghe diverse centinaia di milioni di chilometri. Queste cifre acquistano un’evidenza maggiore se immaginiamo di costruire un modello in scala della cometa. Se il nucleo avesse un centimetro di diametro, la chioma sarebbe un alone di alcune decine di metri, e la coda avrebbe una lunghezza di quasi cento chilometri.
La cometa che ha sviluppato la coda più lunga mai osservata (ben 570 milioni di km!) è stata la Hyakutake, apparsa agli inizi del 1996.
La forma della coda dipende da molti fattori, tra i quali la velocità e la direzione di espulsione delle particelle dal nucleo, forze gravitazionali e forze di repulsione della radiazione solare. In base a questi e altri fattori, la coda che si può ottenere può essere fondamentalmente di due tipi: di polveri e di gas (o ioni), e le due in genere coesistono. Non è raro osservare comete con due o tre code: nel 1774 fu addirittura osservata una cometa con sei code, disposte a ventaglio con un’ampiezza di 44°.
Le code più lunghe sono quelle composte dai materiali più leggeri (gas), che avendo pochissima inerzia vengono spinte molto lontano dal vento solare ed hanno forma quasi rettilinea.
La colorazione di questa coda (gas ionizzato) è blu. Le code formate dai granuli di pulviscolo, essendo più pesanti, si curvano in direzione del moto orbitale ed assumono colorazione tendente al bianco perchè riflettono semplicemente la luce solare.
Talvolta può capitare che a causa di cambiamenti del campo magnetico solare, la coda di ioni si interrompa e si "spezzi" ad una certa distanza dal nucleo: questo fenomeno si chiama "disconnessione della coda di ioni".
Un evento molto raro ed interessante è quello dell’anticoda. Essa appare come un pungiglione puntato dritto verso il Sole. L’anticoda si osserva quando la Terra attraversa il piano su cui giace la coda di poveri della cometa. Se questa è abbastanza incurvata, l’ultima sua parte appare diretta proprio verso il Sole per un effetto di prospettiva. Esistono in realtà anche delle anticode reali, cioè non dovute ad un effetto di prospettiva. Esse sono molto più corte delle anticode prospettiche, e sono dovute all’elevata velocità di espulsione dei materiali dal nucleo.
Grazie all'analisi spettroscopica iniziata nella seconda metà del secolo scorso sappiamo che il nucleo è costituito da ghiacci di CH4, NH3, H20 E C2N2 conglobati a materiale meteorico non volatilizzabile, quali silicati, metalli, ossidi e particelle di carbone. Nella chioma sono presenti invece composti molecolari gassosi come : C2, CN, CH, NH, OH e altri. Nella coda sono state trovate molecole ionizzate di CO+ e N2+. Nelle comete che si avvicinano molto al Sole, invece, compare spesso del sodio e altri metalli come il nickel e il ferro.
Fino al 1970 le comete erano state osservate unicamente da Terra, fotografate o spettrografate. Dopo quella data, invece, sono cominciate le prime osservazioni dallo spazio mediante l'uso di satelliti artificiali. La prima cometa analizzata in questo modo fu la Tago-Sato-Kosaka, indagata dal satellite OAO-2. La sua osservazione fu molto importante perchè rivelò la presenza di una gigantesca nube di idrogeno che si estendeva attorno al nucleo fino ad una distanza di 1.700.000 Km. Lo stesso fenomeno fu osservato poco tempo dopo sulla cometa Bennet, che si scoprì avere un involuco d'idrogeno di ben 10 milioni di Km di larghezza e di 14 milioni di Km di lunghezza. Queste due ossevazioni e le altre che seguirono dimostrarono come le comete siano in realtà molto più estese di quanto appare con la semplice osservazione visuale o al telescopio.
Il 4 luglio 2005 una parte della sonda statunitense Deep Impact colpì volontariamente la cometa 9P/Tempel, dopo un viaggio durato 7 mesi. Lo scopo di questa missione era quello di analizzare la composizione della cometa, e per fare ciò la sonda ha colpito il nucleo della cometa in modo da sollevare il maggior numero di materiale possibile. Subito dopo l'impatto i telescopi terrestri hanno analizzato la luce sprigionata dalla collisione, e hanno rilevato la presenza di acqua e di materiali organici come anidride carbonica, aldeide cianidrica, e composti più complessi come gli idrocarburi aromatici policiclici. Nessuno si aspettava di trovare composti organici su una cometa, fondamentali per la nascita della vita. Successsivamente il telescopio spaziale Spitzer ha rilevato minerali quali l'olivina e la calcite, ma anche argilla e carbonati, che si formano solo in presenza di acqua allo stato liquido. Resta però ancora da chiarire se l'acqua sia dovuta al ghiaccio fuso dal calore o se si tratti invece di pozze permanenti sulla superficie della cometa.

 
 
 
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